E imbarazzante riferire di questo film di Marco Tullio Giordana. Lo è perché viene dopo due opere di alto impegno sia civile che cinematografico come I cento passi e La meglio gioventù. Questa volta qualcosa non ha funzionato. Giordana, Rulli e Petraglia hanno scritto una sceneggiatura che non riesce a commuovere e che, sul piano dell’analisi sociale, ingabbia gli elementi nello stereotipo di buona volontà. Gli scafisti sono dei ‘cattivi’ quasi ridicoli. Metà dei clandestini sembra presa da un casting di modelli. Lo stesso Alessio Boni appare a disagio nel ruolo dell’industrialotto in bilico tra solidarietà e difesa del proprio benessere. Si salvano il giovane protagonista Matteo Gadola, che rende credibile la determinazione altruistica del suo personaggio, e Andrea Tidona che offre al sacerdote che si occupa del Centro di Accoglienza una ruvidezza carica di umanità davvero efficace.
E’ come se Giordana, dopo l’affresco de La meglio gioventù (che affrontava decenni di storia italiana attraverso storie individuali), si trovasse in difficoltà a raccontare una storia collettiva nel ‘breve’ spazio di due ore. Quindi lavora di sintesi ed è tentato dalle metafore visive (come nella sequenza finale) associate ad una fotografia lucida per una storia ‘sporca’. Tutto ciò impoverisce un intento che, anche in questo caso provenendo da un regista onesto come Giordana, è assolutamente condivisibile: raccontare le contraddizioni positive e negative di un Paese come il nostro che si trova a confrontarsi da tempo con l’emigrazione…
Prima Parte: Qualità V:10 – A:10
Seconda Parte:
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